L'oro in cucina: qualcosa che risale a migliaia di anni fa con la cultura orientale (in particolare cinese), diffusa poi nel mondo greco-romano.
Di quell'epoca ricordiamo i cibi dorati alle mense degli imperatori e di Cleopatra che amava gustare frutta secca coperta con foglie d’oro. L’oro rappresentava il cibo degli dei e veniva impiegato anche per decorare i banchetti.
Successivamente se ne perde traccia, fino a riscoprirlo, una trentina di anni fa, grazie a Gualtiero Marchesi ed il suo “Risotto con foglia d’oro”. Da quel momento il maestro sdogana questo ingrediente, classificato come colorante, utilizzato principalmente in pasticceria, e s'aprono le frontiere dell'alta Cucina.
L' interesse da parte degli chef e dei gourmet aumenta e cresce la richiesta di polveri, briciole e fiocchi d'oro alimentare.
Attualmente ci sono sei o sette produttori di oro alimentare nel mondo, ma solo uno, peraltro italiano, ha saputo dare all'oro commestibile un sapore.
Ed il colorante più prezioso del mondo diventa aromatizzato al tartufo, al lime e alla vaniglia.
Un bel traguardo per palati gourmet, come per menti curiose, che se potranno storcere il naso di fronte ad un piatto di insetti ricchi di proteine, sicuramente non rifiuteranno il mio suggerimento rigorosamente gold: un calice di bollicine seguito da un piatto di tortelli di patate, mozzarella di bufala e per finire un cioccolatino tutto rigorosamente arricchito di polvere, scaglie e foglie d'oro edibile a 23 carati.
Wilma Zanelli