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1/03 Riflessioni di guerra scevre da domande cretine


In questi giorni riceviamo continuamente contatti da redazioni di grandi testate, testate locali e Tv generaliste. La cronaca fa audience, la gente ha voglia di sapere e si finisce per parlare della conta dei morti, dei feriti, dei bombardamenti. Spesso mi chiedono e ci chiedono: "Come stai, cosa provi, hai paura?". A quel punto già conosco il mio interlocutore e faccio un passo indietro. Possono esser anche grandi interlocutori, i tuttologi propagandisti del proprio credo politico, quelli dei salotti televisivi, i soliti volti noti, alcuni molto arroganti, prima esperti di epidemia, poi di politiche nazionali, ora di strategie di guerra, per me poco importa. Odio le domande cretine, mi provocano irritazione sulla pelle e nell'anima. Noi, Andrea mio figlio ed io, portiamo avanti dal 2010 progetti legati alla conoscenza, formazione, informazione del Made in Italy sotto ogni forma. La crisi economica prima, il Covid ieri, la guerra oggi, ci hanno costretto a cambiare spesso destinazione, visione, meta. Sono sempre stati grandi progetti, di ampio respiro e vedute, di scambi di una cultura enogastronomica prima regionale, poi ormai da 4 anni, nazionale. Italia-Ucraina, Ucraina-Italia, che si è estesa alla divulgazione di una cultura del turismo, della ricerca del Made in Italy in Ucraina e viceversa.

Argomenti interessanti, su cui pochi media, pochi enti politici hanno prestato veramente attenzione. Poi la guerra ed inspiegabilmente arrivano mail, telefonate, messaggi: ci hanno trovato. Perchè non ci soffermiamo sulle motivazioni che hanno portato una generazione di giovani a cercare altrove, come i propri bisnonni, un futuro? Perchè non riflettiamo sul fatto che quest'Italia ha creato una politica d'assistenzialismo demolendo invece lo spirito d'iniziativa, lo spirito d'impresa delle persone di buona volontà?

E quando le bombe e questa dannata guerra finirà, le luci dei riflettori si spegneranno, il mondo, le grandi testate, i politici con le loro frasi di circostanza e le risposte di convenienza guarderanno altrove, a noi (me e mio figlio ed a tante società, aziende ecc.) resteranno problemi ancor più grandi di quelli anteguerra, dove ancora una volta, seduti ad un tavolo guardandoci negli occhi diremo: "Che si fa? Chiudiamo, sciogliamo? Aspettiamo che ricostruiscano gli aeroporti? ".

Forse, aggiungendo alle esperienze passate quest'ultimo tragico evento, noi italiani di buona volontà, impareremo a fare rete, a collaborare, a crescere. Siamo in molti ad avere voglia di una cosa sola: vivere e lavorare, nella diversità. Perchè siamo diversi e non è un errore, nè un ragionamento razzista. Siamo diversi e questo non può che arricchirci, migliorarci, rispetto a ragionamenti di globalizzazione che invece di elevarci, ci rendono sempre più schiavi di un pensiero unico, piatto, privo d' energia.

Dalla forza dell'Ucraina, dalla sua dignità dobbiamo imparare qualcosa, senza però condannare il popolo russo perchè vogliamo a tutti i costi trovare il mostro cattivo. Serve costruire, non distruggere. Se allargando la cerchia di "amici" dobbiamo buttare sempre fuori qualcuno, finiremo per dover ricominciare sempre. La vita è fatta di praticità, non di grandi proclami.

Scusa Andrea, scusate voi giovani, se la nostra generazione non ha potuto, suo malgrado, darvi una serenità trattenendovi nel suolo italiano. Vi chiedo scusa io mamma, per questa politica dissacratoria. 

                                                                                                                                                                                             Wilma Zanelli Busso

 



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