Mio tenero amico, accetta questo quadro: non è bello, ne tanto meno di valore. Ma si porta dietro una storia che è la storia della mia famiglia. Mio padre l'aveva acquistato ad una fiera e a noi tutti non era mai piaciuto: aveva troppi colori cupi. Solo toni grigi, neri, marroni e un'atmosfera tristissima dipinta in una sequela di piccole baite, un albero brullo e un acquitrino. Un cielo plumbeo e il presagio di mille sventure. Ha una bellissima cornice dorata ed intagliata, ma la tela è così deprimente. E quando lui se ne andò a miglior vita, il dipinto triste per tutti noi rimase un valore affettivo che andava al di là del semplice fattore estetico. Mi ero resa conto di amarlo solo perchè mi ricordava mio padre: era la prova della sua esistenza che cogli anni sembra sempre più remota.
Sistema, come ho fatto io, questo doppione proprio di fronte al letto: è bello pensare che sarà la stessa cosa che vedremo prima di addormentarci.
Amico diletto, dove sono finiti i mei sogni? Li hai visti? Erano tutti là, nel nulla, su quel sentiero dipinto tra le case e l'acquitrino...
Amico caro, tutto cominciò lungo quel sentiero. E il sogno è tutto là, un cammino infinito mano nella mano.
Mio dolcissimo amico, che piacere ho provato nel rivederti ieri mattina.
Stringendomi, inavvertitamente, ti sei ripreso una cosa che non ti appartiene: il mio cuore. Lo rivoglio. Tua Wilma.
tratto da Lettere d'amore e d' abbandono - Arci - Giugno 1999