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Rientro da #Kiev - Ma tu hai #paura? #paroledipanna


Il viaggio di rientro dura 3 giorni. Tre giorni ininterrotti su un pullman Gran Turismo, che trasmette un brutto vecchio movie in inglese con sottotitoli in ucraino, mentre fuori, le immagini scivolano davanti agli occhi: una pianura che scorre, qualche città vista da lontano, all’ orizzonte la frontiera dove l’attesa, a seconda delle situazioni, può durare ore ed ore e lunghe notti nel buio, rischiarate da piccole stelle o da qualche luce lontana. Nella mente riecheggia una frase che mi rivolgono spesso, dai toni a tratti deboli, a tratti più forti : “Hai paura?” Penso alla paura ed ai suoi derivati. M’impauriscono le domande della gente che non sa ascoltare, perché ha già un giudizio creatosi prestando attenzione a commenti, talk show, propagande politiche oppure alle news del Tg. Paura e penso ad una risposta razionale, magari scientifica citando il cortisolo, l’ormone della paura, dello stress e dei suoi effetti negativi sull’ossidazione delle cellule. “Ma hai paura?” e mi pare una domanda stupida.

E’ mancanza di tatto. Chiederesti mai ad un aggredito se ha paura? O a chi ha visto volare in aria la sua casa, a chi l’ha guardata sgretolarsi sotto un terremoto? Ad un moribondo? Ad un soldato in un campo minato? “Io se fossi in te, sarei nel panico” qualcuno chiosa. Ed io continuo a pensare alla paura, che non avverto. Conosco l’emozione che si attiva in risposta ad essa, conosco la rabbia e la speranza, il coraggio, la forza. Penso alle persone intorno a me, agli eroi, alle vittime, ai soldati, alle tante babuska che difendono la propria terra, ai giovani volontari che sono partiti per il fronte, penso alle notti senza energia elettrica, alle giornate di compleanno passate in sordina, alle tante feste di laurea senza il cappello accademico e la corona d’alloro, nessun brindisi, nessun rinfresco, ai matrimoni celebrati in tutta fretta ed al coprifuoco che costringe sempre ad un ritiro nelle rispettive abitazioni, ai funerali veloci, alle bandiere che sventolano sulle tombe dei tanti. Ai fusti di acqua accatastati sui balconi, per creare la riserva, in caso di sospensione idrica. Penso alla libertà minata e alle troppe parole inutili su cui, in Europa, si costruiscono talk, programmi Tv.

Penso alle tanti frasi d’effetto, ai concetti espressi nelle terre di pace che cozzano con il sentiment e le necessità primarie delle terre in guerra. “Non ho paura”. Ma per comprendere bisognerebbe vivere le circostanze. E’ un po’ come sentirsi miracolati ogni giorno, quando si viene a conoscenza che il nipote di quella del 9 piano è morto, che il figlio del tuo amico è scoppiato in aria, che quello del condominio a fianco, non da sue notizie da 2 mesi. E’ la moderata quiete nel guardare al domani, la gioia di poter riabbracciare chi si ama, sentirne la voce al telefono e riuscire ancora ad avere progetti. E’ prestare piccoli aiuti: lasciare davanti alla porta un sacchetto di bottiglie di plastica che la babuska raccoglie per arrotondare la misera pensione che non raggiunge i 50 euro. E’ spedire ai volontari qualche tuta termica per proteggersi dal freddo. E’ sentirsi utili, per quanto possibile.

Paura? Ora faccio io una domanda: “Ma tu, non hai paura di aver cristallizzato l’idea di libertà, scambiandola con una sterile e fanatica ideologia politica o partitica? Ma è così difficile comprendere che la libertà, la democrazia che il popolo ucraino ha ottenuto, ha meritato, per cui ha lottato, va difesa, sino in fondo, perché si contrappone alla privazione della stessa, alla negazione identitaria, alla sottomissione alla dittatura russa? E davanti a questo, la paura lascia il posto al coraggio. Anche solo di raccontare la verità di ogni giorno, a chi finge di non capire, a chi difende la dittatura russa vivendo in Europa. A chi parla di libertà, ma sostiene ideologie assolute e difende i regimi autoritari e repressivi, basta però che stiano lontano da casa propria.

Perché la guerra in Europa, fa paura, più della dittatura.

                                                                                                                Wilma Zanelli

 



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